Cultura Arte

Uomo, cielo, terra e paesaggio. Storia di un pittore che usava la fotografia.

Autrice: Cristiana Campanini - Art Around

Aldo Tagliaferro, protagonista indiscusso di un'arte concettuale italiana, ha saputo declinarla nella vastissima varietà di mezzi, senza perdere mai di empatia e calore poetico, senza mai dimenticare la lezione della pittura.

Verifica di una mostra, installazione, 1971. Galleria Christian Stein Torino, fotografia di Enrico Cattaneo.

L’identità è al centro, nell’opera di Aldo Tagliaferro (Legnano, 1936 - Parma, 2009). Poetica e allo stesso tempo lucida, limpida, come nella natura stessa dell’arte concettuale italiana, con un suo calore, un lirismo umanissimo, distante dall’oggettualità scalfita nel dato oggettivo dai colleghi anglosassoni. «Se l'immagine nella sua interezza può essere oggetto di contemplazione, così frantumata tende a provocare nell'osservatore un senso d’inquietudine», scriveva l’artista che esordiva con un’intensa attività pittorica, prima di dedicarsi a un rigoroso linguaggio basato sulla fotografia.

Le tappe della sua biografia toccano punti nevralgici della storia milanese di quegli anni. Tagliaferro respirava l’arte là dove si mettevano in moto le piccole grandi rivoluzioni d'avanguardia. Erano gli anni Cinquanta quando frequentava le gallerie milanesi più radicali, da Apollinaire al Naviglio.

Aldo Tagliaferro, Memoria identificazione, installazione, Galleria L’uomo e l’arte, Milano, 1973.
Identificazione oggettivizzata, 1973, riporti fotografici su tela emulsionata, cm 112×700, opera composta da venti tele. Museum am Ostwall, Dortmund, 1974.
Memoria-Identificazione in una variabilità temporale, 1973, cm 92×900.

Nel 1963, la sua prima personale cattura lo sguardo di un imprenditore-collezionista, come il costruttore Felice Valadé. Proprietario del “Quartiere delle Botteghe”, lo accoglieva nella sua residenza ante litteram, una trentina di laboratori accessibili agli artisti, in cambio di semplici scambi di opere.

L’ambiente, così nutrito dall’imprenditore, trasversale e libero, ma anche inevitabilmente rappresentativo della complessità di quegli anni. S’incontrava la nuova figurazione, con De Filippi e Ceretti. C’era una pittura che brulicava di astrazione segnica, con Vermi e Bionda. Non mancavano le ricerche oggettuali di Castellani e di Bonalumi, ma anche la scultura di Luciano Fabro, che si dischiudeva all’arte concettuale. E proprio in un luogo come questo, Tagliaferro non può che confrontarsi con la ricchezza e complessità di quegli anni.

Aldo Tagliaferro con Bruno Di Bello, anni Settanta.

In fretta, in quella cornice, nel 1965, la sua ricerca si ridefinisce in una prospettiva politica. «Si fa promotore di un risveglio del senso critico e della consapevolezza, anzitutto nei confronti dell’immaginario ambiguo e artefatto», come scrive Cristina Casero, nella monografia da lei curata per Silvana Editoriale.

La pittura si traduce presto in fotografia, per essere più vicina alla realtà e ai rituali sociali che la scandiscono. È una fotografia legata alla cronaca, per questo asciugata di qualsiasi emotività e profondamente critica. Ne espone i primi esiti, nel 1965, al Premio di pittura San Fedele di Milano.

Al centro della scena mette lo spettatore, non fruitore passivo ma attore protagonista, sollevando un acceso dibattito sul concetto stesso d’immagine e sui confini della pittura.

Analisi di un ruolo operativo, opera esposta alla 35a Biennale di Venezia, 1970.
Foto di gruppo al Museum am Ostwall, 1974, all’inaugurazione della mostra Fotomedia, da sinistra Ketty La Rocca, Bruno Di Bello, Aldo Tagliaferro, Luigi Ontani, Vincenzo Agnetti, Gianno Bertini, Antonio Paradiso, Daniela Palazzoli.
Soggiorno temporale - Soggiorno eterno, mostra della Galleria del Naviglio, 1972

Nasce “Rapporto quotidiano politico” che tra il 1965 e il 1968, metteva sotto la lente i mass media, attingendo a immagini recuperate dalla cronaca. «Dal 1965 ho iniziato un lavoro che voleva essere documentazione e analisi critica del contesto socio-politico e del comportamento dell’uomo», racconta in un’intervista. «Così, per poter essere più vicino alla realtà, iniziai a usare immagini fotografiche recuperate dalla cronaca come testimonianza di eventi, come memoria. Infatti penso che l’uso della fotografia in arte abbia un senso solo se si crea un rapporto con la realtà». Con “Immagini differenziate”, nel 1968, in un momento di vivace attivismo per l’artista, la fotografia si ripete a scale di colore.

Aldo Tagliaferro, Identificazione della propria disponibilità, Galleria L’Uomo e l’Arte, Milano, 1973.
Memoria variabile, installazione, Galleria L’Uomo e l’Arte, Milano, 1974.

In breve Tagliaferro aderisce alla Mec-Art, sostenuta dal critico Pierre Restany, in Francia e successivamente in Italia, dal 1971 prosegue nella fotografia. Fin da subito le sue sperimentazioni in questa direzione conservano potenti qualità pittoriche. Quando usa la carta pellicolabile, ad esempio, declina immagini ripetitive ma sempre differenziate. Quando usa la tela emulsionata, trasla nel colore immagini in serie. Allora si firma “Aldo Tagliaferro pittore” sulla copertina del catalogo della mostra alla Galleria del Naviglio a Milano nel 1977, Analisi del feticismo da una immagine trovata. E la sua ricerca mira a una critica puntuale della società in cui opera.

Aldo Tagliaferro, Analisi del feticismo da una immagine trovata, installazione, due pareti da cm 150×500, riporti fotografici su tela emulsionata, cm 50×50 cm ciascuno, Galleria Il Gelso, Lodi, 1976.

Negli anni getta anche uno sguardo da antropologo sui comportamenti dell’uomo. «Tutto il mio lavoro intende porsi come registrazione critica tra il comportamento dell’uomo e la struttura sociale nella quale è ambientato. Per ogni mio lavoro oltre ad individuare dei temi da analizzare, ho cercato dei metodi per rendere la comunicazione immediata e recepibile in uno spazio più ampio possibile». Ma senza mai perdere di vista il suo ruolo, quello di “un pittore, che usa la fotografia”. Non smentiscono questo sguardo anche alcune potenti opere tarde, del 2000, da Paesaggio totale a Sopra/sotto un metro di terra a Elementi di riferimento. Il tema è sempre l’uomo, seppur assente. I soggetti sono cielo, terra e paesaggio, isolati come fossero oggetti trovati contro un fondo astratto, ma anche prepotentemente pittorici.

 

Per tutte le fotografie pubblicate in questa pagina si ringrazia l'Archivio Aldo Tagliaferro, Parma.